Winetour in Langa & Roero

Due passi a Serralunga d’Alba: il castello, i vigneti del Barolo e un ciabòt!

 

Natale si avvicina inesorabilmente, ma il clima continua a donarci stupendi raggi di sole: nonostante le temperature notturne siano finalmente scese sotto gli 0°C e le nebbie avvolgano spesso i paesaggi di Langa e Roero, le ore meridiane della giornata ci offrono qualche illusorio sprazzo di primavera.

Dopo una settimana molto intensa, stressante fisicamente e mentalmente, sento davvero bisogno di ritagliare un po’ di tempo da dedicare alle mie passioni: rieccomi, quindi, a bordo della mia Fiat 500!

Meta del viaggio non definita, ma la mia automobile, complice il freddo che non aiuta una rapida entrata a regime del motore, vuole condurmi verso strade poco impegnative per il suo piccolo bicilindrico: da Alba imbocchiamo la statale pianeggiante che conduce verso Roddi, proseguiamo in direzione Gallo, attraversando tutto il centro del paese, infine alla rotonda che devia a Barolo o Serralunga d’Alba, svoltiamo a sinistra verso la seconda alternativa.

Completato il lungo rettilineo che costeggia la celebre tenuta vitivinicola di Fontanafredda, inizia una serie di tornanti che conducono rapidamente sulla cresta del versante collinare. Ai lati della strada cordoni ininterrotti dei vigneti di Nebbiolo da Barolo.

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Proseguiamo ancora per qualche chilometro lungo una dolce salita, fino a raggiungere la sommità della collina: ai miei occhi si staglia un panorama incantevole, che traguarda fino alla catena alpina, allargandosi verso un orizzonte a 360°. Uno sterminato susseguirsi di paesi e di borgate, sui quali spiccano i campanili delle innumerevoli chiese a cui   generazioni e generazioni di viticoltori hanno rivolto le preghiere per un buon raccolto. E ancora più alte dei campanili, le torri di vedetta di imponenti castelli.

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Uno sguardo tecnico ai vigneti: potatura in corso, ma solo a carico di quelli esposti più favorevolmente. Il decorso climatico un po’ pazzerello della stagione, infatti, induce agronomi ed enologi a prevedere possibili gelate tardive, quindi, meglio posticipare di qualche settimana l’operazione. Anche se, in onestà, è davvero forte la tentazione di svolgere rapidamente il lavoro mentre non è ancora caduta la neve, la cui presenza renderebbe più dura e pesante la fatica nei campi.

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Proseguiamo il nostro viaggio in direzione del centro storico di Serralunga d’Alba, il cui skyline è dominato prepotentemente dalla sagoma del castello. Del maniero colpisce immediatamente lo slancio e la verticalità della sua architettura gotica. Il luogo era anticamente fortificato da una torre che esisteva già all’epoca in cui i discendenti di Bomifacio del Vasto erano i signori del luogo.

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L’antica torre venne abbattuta nel 1340, quando il possedimento pervenne ai Falletti, importante famiglia signorile delle Langhe. Pietrino Falletti iniziò immediatamente la costruzione dell’attuale struttura, che venne terminata dal figlio Gioffredo II. La compatta fortificazione presenta due torri asimmetriche, una cilindrica e una quadrata, ed una torretta pensile. Colpisce la scarsa presenza di finestre, disposte solo nella parte alta del castello. Anche se oggi non ne permane testimonianza visibile, un tempo per accedere alla fortificazione era necessario superare un fossato per mezzo di un ponte levatoio.

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Parcheggio la mia Fiat 500 nella piazza antistante il municipio e mi concedo una passeggiata per i vicoli disposti a raggiera ai piedi del castello, quasi a formare una fitta ragnatela di minuscole vie di comunicazione: attraversarli suscita un’emozione che mi precipita in un lontano passato.

Numerosi i ristoranti e le enoteche che trovano sede tra le mura antiche delle costruzioni del borgo. È d’obbligo fermarmi a sorseggiare un calice di pregiato Barolo. Bevuto in questo luogo, il vino assume un fascino tutto particolare, che sembra esaltarne l’eccellenza e la complessità sensoriale.

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Soddisfatto del momento di relax di cui ho potuto godere, faccio ritorno alla mia piccola automobile, che spicca per vivacità del colore, simpatia ed eleganza tra enormi, almeno ai miei occhi, berline e SUV con targhe d’oltreconfine. Segno tangibile che il blasone della eccezionale bellezza ed esclusività di questo piccolo paese di Langa ha davvero conquistato una fama mondiale.

Quasi imbarazzati dal confronto con cotanta potenza e tecnologia meccanica (mi sembra quasi di percepire il disagio del mio piccolo cinquino), ci riavviamo sulla strada di casa.

Ma appena usciti dal paese, un elemento tipico della tradizione contadina locale attira la mia attenzione, obbligandomi ad una ulteriore sosta per scattare qualche foto. La piccola e graziosa, quanto rustica, casupola che potete ammirare a fianco della Fiat 500 è definita in dialetto piemontese “ciàbot”.

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In passato, tali costruzioni erano molto diffuse nel mezzo delle campagne di Langa e Roero e, in realtà, quelle ad oggi ancora conservate sono un numero molto ridotto. Quale le ragioni della loro edificazione?

Un primo carattere di necessità era dato dalla distanza che separava i vigneti dalle abitazioni dei contadini. In effetti, prima dell’avvento delle automobili, il tempo per raggiungere le vigne poteva occupare anche più ore della vita lavorativa degli agricoltori. Ed allora il ciabòt diventava un vero e proprio luogo di rifugio e di ristoro per i lavoratori, che potevano riposare per qualche tempo al riparo dal sole o sfuggire alla pioggia in caso dell’insorgere di un improvviso ed imprevisto temporale.

Inoltre, il ciabòt costituiva un piccolo presidio sicuro in cui depositare gli attrezzi necessari alla coltivazione della vigna, talvolta pesanti e difficili da trasportare, al riparo dagli agenti atmosferici e dalle cattive intenzioni di qualche predone.

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Il tetto della piccola struttura poteva anche diventare una preziosa risorsa per l’approvvigionamento dell’acqua con cui effettuare i trattamenti fitosanitari delle viti o irrigare le giovani piante in caso di siccità. Infatti, in genere, i pluviali della copertura venivano raccordati per rifornire più o meno capienti pozzi scavati nel tufo presente al di sotto degli strati di terra fertile in cui affondano le radici dei vigneti.

Dopo aver ammirato ancora per qualche istante la bellezza del ciabòt, vero e proprio monumento alla saggezza ed alla fatica degli agricoltori albesi di un tempo che fu, non mi resta che avviare di nuovo la mia Fiat 500 e ricondurla in garage!